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Il Tribunale di Roma ordina il sequestro preventivo dell’inchiesta “Follow the money”. Dopo poche ore arriva la retromarcia e la revoca del provvedimento
di Paolo Trapani
Sono state 24 ore kafkiane quelle vissute tra giovedì e venerdì scorso dalla redazione di Fanpage.it, ma la vicenda riguarda tutti i giornalisti, nessuno escluso, e la libertà di stampa in Italia.
Tutto inizia il 23 settembre mattina: il Tribunale di Roma ordina il sequestro e l’oscuramento dell’inchiesta giornalistica dal titolo “Follow The Money”. A curarla era stato il team Backstair di Fanpage.it
L’approfondimento giornalistico riguardava Claudio Durigon e i fondi del partito della Lega. Nell’inchiesta veniva mostrato un video in cui l’onorevole Durigon diceva a un suo interlocutore che non bisognava preoccuparsi dell’inchiesta della Procura di Genova sui 49 milioni di euro che la Lega avrebbe sottratto allo Stato, perché il generale della Guardia di Finanza “l’abbiamo messo noi”. Per quello scoop Fanpage.it ha ricevuto diverse querele e diffide, ma il colpo di scena è arrivato col provvedimento che ha disposto il sequestro e l’oscuramento preventivo del contenuto giornalistico. Subito dopo l’annuncio del sequestro, sui social network e sulla rete web, è montata una forte reazione dell’opinione pubblica, chiaramente colpita dalla clamorosa iniziativa giudiziaria.
In molti hanno fatto riferimento all’articolo 21 della Costituzione italiana che prevede che “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili”. Quindi, il sequestro preventivo di un prodotto giornalistico è possibile quando si ipotizzano reati diversi dalla diffamazione. Non si può invece sequestrare e oscurare il contenuto giornalistico per il reato di diffamazione, come confermato da numerose sentenze della Corte di Cassazione. E non si può sequestrare e oscurare in via preventiva il prodotto giornalistico perché non vi è più l’esigenza cautelare, visto che lo scoop di Fanpage.it è stato ripreso da altri organi di stampa ed è di dominio pubblico.
Venerdì 24 settembre, però, è arrivato il nuovo colpo di scena: la polizia postale di Napoli ha notificato alla redazione di Fanpage.it un altro decreto con cui la Procura di Roma ha disposto la revoca del sequestro preventivo e dell’oscuramento dei video di “Follow The Money“. A firmare il nuovo provvedimento sono stati il Gip Claudia Alberti, il procuratore della Repubblica Michele Prestipino Giarritta ed il procuratore aggiunto Angelantonio Racanelli.
A commento dell’intera vicenda le parole di Francesco Cancellato, direttore responsabile di Fanpage.it, sono un monito significativo: “Senza l’enorme mobilitazione in difesa di Fanpage.it di colleghi, politici e di tanti, tantissimi cittadini, non crediamo che tutto questo sarebbe accaduto. Grazie, anche se non c’è nulla festeggiare. Non c’è nulla da festeggiare, per prima cosa, perché abbiamo semplicemente difeso un diritto che credevamo acquisito, quello della libertà della stampa, che invece ci era stato improvvisamente e incredibilmente negato. Non c’è nulla da festeggiare, perché abbiamo maturato ancor di più la consapevolezza che esiste un pezzo di Paese per cui si possono sequestrare e oscurare inchieste e interi giornali senza colpo ferire. Non c’è nulla da festeggiare, perché da nessuna parte, nemmeno nella revoca, si attesta il principio che mai e poi mai un contenuto giornalistico debba essere messo sotto sequestro o oscurato in via preventiva, salvo che nei casi previsti dalla Costituzione, casi tra cui non rientra la diffamazione”. E sempre Cancellato ha aggiunto: “Ma se quello che è successo a noi fosse accaduto a un giornale più piccolo, con pochi lettori e senza alcuna possibilità di difendersi, o di farsi difendere? Ci sarebbe stata lo stesso, secondo voi, una revoca del decreto di sequestro e oscuramento nel giro di ventiquattr’ore? Conoscete già la risposta. Forse non l’avrebbe saputo nessuno. Forse, addirittura, è già successo, e nessuno l’ha saputo. E di fronte a notizie scomode, a inchieste difficili, a nomi potenti avremmo meno giornalisti disposti a rischiare per fare bene il loro lavoro. Sembra impossibile? Anche quel che è successo a noi lo sembrava. Fino a che non è successo”.
Tutta la vicenda non ha precedenti in Italia e ripropone con forza il tema della libertà di stampa e di come va garantita e tutelata. Sicuramente nelle prossime settimane ci saranno sviluppi, mentre il dibattito che si è aperto, dopo le 24 ore di corto circuito tra magistratura e giornalisti, è particolarmente aspro.