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Spuntano come funghi le categorie prioritarie, a seconda di Regioni e Comuni
di Salvatore Luigi Baldari
Poche settimane fa, hanno fatto il giro del web e delle tv, le immagini del Presidente della Repubblica che si vaccinava, nei tempi e nei modi prestabiliti dal Piano vaccinale. Il Presidente della Repubblica ha aspettato il proprio turno e non ha saltato la coda. Un esempio civico degno di essere trasmesso e condiviso ovunque. Un esempio da elogiare e da applaudire con commozione. Un esempio da non imitare.
Come spesso accade, l’ipocrisia delle frasi fatte si è diluita nell’opportunismo della consuetudine. Il piano di vaccinazione prevedeva che, dopo i sanitari e gli ospiti delle Rsa, toccasse agli ultraottantenni e ad altre categorie a rischio. Come per incanto, invece, quando si è dovuti passare dai dati oggettivi (l’età, patologie gravi) alle valutazioni di convenienza, si è aizzato l’abuso di discrezione, alimentato dal corporativismo.
Ogni Regione ci ha messo del suo. Un po’ tutte hanno stabilito una corsia preferenziale a personale scolastico e forze di polizia, alcune poi hanno dato sfoggio di acrobazie folcloristiche. La Campania, ad esempio, è pronta ad immunizzare magistrati e cancellieri, scatenando la reazione degli Ordini degli Avvocati di Napoli e Salerno, che hanno preteso di essere inseriti fra le priorità. Una vicenda simile si è verificata anche in Friuli e Liguria con avvocati esclusi a differenza dei magistrati. Magistrati prima ammessi e poi esclusi in Sicilia. Ma non finisce qui, sono frequenti le mozioni di partiti politici locali di inserire fra le priorità altre categorie. In Puglia, pochi giorni fa è stata chiesta una corsia preferenziale ai portalettere, agli addetti uffici postali e a chi opera in attività di vendita di generi alimentari. Molte Regioni, hanno ricevuto pressioni da giornalisti, commercialisti, autisti di bus, personale della logistica.
In Toscana e in Sicilia si sono verificati diversi episodi di amministratori locali vaccinati, attraverso corridoi non ben specificati, accompagnati per premuroso spirito di solidarietà da parenti e prossimi. In alcuni piccoli Comuni, sono addirittura i Sindaci a prendere le prenotazioni e a tenere il registro degli aspiranti vaccinati. Nel Torinese un gruppo di persone si è iscritto ad una associazione di volontariato riconducibile ad una casa di riposo, pur di ottenere l’iniezione. In Veneto, poi, è stata ingegnato il sistema della doppia prenotazione per il personale scolastico, così da riservare una fiala anche al proprio parente. A Palermo sono stati vaccinati alcuni studenti universitari per simboleggiare un significato non meglio specificato.
C’è chi poi la definizione delle categorie l’ha presa in senso molto ampio, ma davvero molto alla lontana. È il caso della Puglia, che sotto il benevolo ombrello di personale sanitario ha vaccinato anche i centralinisti e i legali delle Asl, i veterinari e i consulenti esterni degli uffici. Oppure della Lombardia che si è spinta sino al personale amministrativo degli uffici giudiziari e delle università. Tutte figure professionali, che molto probabilmente stanno operando da diversi mesi in smart-working, ben lontani da caotici contatti e assembramenti vari.
Ciascuno di questi è mosso dalla nobile giustificazione di esercitare un’attività a stretto contatto con il pubblico, come se esistessero altre tipologie di lavoro che, in un modo o nell’altro non lo sono. Perché non dare la priorità anche ai baristi, ai camerieri, alle guide turistiche, alle maschere dei teatri, agli istruttori delle palestre e agli insegnanti di sci a questo punto? Tutte categorie citate non a caso.
Un groviglio di folclori da rileggere un’altra volta, tutto d’un fiato, magari con il sottofondo della musichetta de “La Matassa” di Ficarra e Picone, durante la celebra scena del pizzino. Ci sarebbe da ridere, se la situazione non fosse seria. Se non fosse che le terapie intensive e i reparti Covid tornano a riempirsi di anziani, se non fosse che si tornano a trasformare le sale operatorie in terapie intensive e interi padiglioni in reparti Covid.
Abbiamo trascorso interi mesi a ripeterci di proteggere i nostri nonni e i nostri anziani, interi mesi a ripeterci che una copertura vaccinale dei soggetti più anziani avrebbe comportato un abbattimento delle ospedalizzazioni e dei decessi, eppure non siamo stati in grado di tener a freno il convulso mix di pulsioni corporativistiche e di furberie.
Uno studio della rivista scientifica Nature, ha rilevato che ogni 1000 persone sotto i 50 anni di età la mortalità è prossima allo zero. Per i soggetti fra i 50 e i 60 anni il numero è intorno allo 0,5. Sopra la soglia dei 70 anni, la statistica registra il dato di 116 decessi ogni 1000 contagiati.
Per tutta risposta, andando a consultare il portale ufficiale del Governo Italiano, nella sezione delle somministrazioni per fasce di età, è facilmente rilevabile come la colonnina corrispondente alla fascia d’età 70-79, sia la più bassa in assoluto, superata e raddoppiata da quella della fascia 20-29, quasi triplicata da quella 30-39, surclassata da quelle 40-49 e 50-59.
Eppure, sarebbe stato sufficiente allargare lo sguardo oltre la Manica, dove la tanto invidiata Inghilterra ha deciso di seguire il percorso ordinato delle classi d’età ed oggi, si ritrova ad ospitare nei centri vaccinali, gli under 50. E già ha annunciato che per Aprile si procederà con le somministrazioni delle secondi dosi.
Noi, invece, abbiamo preferito commuoverci per l’esempio di Sergio Mattarella, utilizzando gli applausi come forma di autoassoluzione, di chi il vaccino avrebbe potuto comunque riceverlo, fra uno, due, tre mesi.
Una vicenda che ha fatto riaffiorare modelli antichi di legittimazione delle caste, esaltando le forze della conservazione nella ricerca di un riconoscimento attraverso la priorità nell’assegnazione del vaccino, in un circolo vizioso alimentato dalla compartecipazione di amministratori pubblici.
La speranza è che il nuovo Piano Vaccinale, licenziato soltanto pochi giorni fa, possa porre fine a questa indecorosa matassa, avendo individuato 5 categorie esclusivamente sulla base dell’età e delle condizioni di salute preesistente e non prevalga una distorta interpretazione del “vaccinare chi passa” pronunciato dal Gen. Figliuolo. Fino a quando, anche l’ultimo dei cittadini over 80 ed over 70 che ha dichiarato la proprio disponibilità, non avrà ricevuto il vaccino, non dovrebbe essere negoziata alcuna corsia preferenziale.