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In attesa della nuova edizione, Dania Ceragioli ce la racconta in anteprima
di Dania Ceragioli
A Colmenar Viejo il 2 maggio di ogni anno si celebra la tradizionale festa de La Maya. Non siamo molto distanti dalla cosmopolita Madrid, ma in questa cittadina adagiata su di un altopiano, circondata dalle montagne della Sierra perennemente innevate, il tempo pare essersi fermato. La comunità si stringe attorno alle sue bambine che per un giorno diverranno delle vere e proprie dee.
Come da tradizione, amici e familiari nei giorni antecedenti la festa, si recheranno in campi adiacenti per raccogliere fiori ed erbe aromatiche, per poi utilizzarle nella costruzione dei piccoli altari, per creare le corone e le ceste. Gli altari sono cinque e ogni anno vengono adornati con i fiori e con gli arazzi nei medesimi luoghi dell’anno precedente, lungo un piccolo perimetro al centro della città vecchia. Le bambine di età compresa fra i 9 e i 14 anni invece si alternano, indicate in una speciale lista dai genitori al momento della loro nascita, potranno vivere questa esperienza prima del raggiungimento del quindicesimo anno.
Non ci sono rivalità né competizioni, ma solo una grande voglia di fare festa e preservare una tradizione antica di origini medievali, che vede affondare le sue radici nel paganesimo. Anticamente simboleggiava l’arrivo della primavera, oggi vede una più spiccata fusione con la religiosità. Le piccole maya protagoniste indiscusse di questa celebrazione, vengono truccate, ricoperte di fiori e monili preziosi. I loro scialli annodati sulla schiena sono antichi e tramandati da generazioni, i loro abiti bianchi finemente ricamati simboleggiano la purezza, con i loro sguardi fieri e compìti dimostrano la complessità e serietà del ruolo interpretato.
Dovranno rimanere immobili sui loro scranni per due ore, prima di giungere in corteo alla cattedrale e consegnare alla Vergine le offerte che le piccole assistenti munite di spazzole e di un piccolo vassoio d’argento, riusciranno a raccogliere in cambio di un rito propiziatorio e di un mazzolino di tomatito. Vivere La Maya è una esperienza di ritrovare valori perduti, il senso di appartenenza ad un luogo, ma soprattutto assistere a un elogio alla fertilità, alla natura, e in modo particolare alla donna centro dell’universo, dispensatrice di vita.