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21 Aprile 2022La riforma del Consiglio Superiore della Magistratura, ecco cosa prevede
Superato l’esame in Commissione Giustizia della Camera, ora l’esame in aula
di Salvatore Baldari
La Commissione Giustizia della Camera ha dato il via libera alla riforma del Consiglio superiore della magistratura, l’organo che governa la magistratura in Italia.
La riforma è uno dei target previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, per accedere ai finanziamenti comunitari.
Il testo del disegno di legge era stato presentato originariamente a settembre 2020 dall’allora Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Il testo fu poi adottato sette mesi dopo dal nuovo governo e dal nuovo guardasigilli, Marta Cartabia.
A distanza di un anno, nel Febbraio 2022, l’esecutivo Draghi ha presentato una serie di modifiche al testo, sottolineando la necessità di approvare il disegno di legge «in tempo utile per l’elezione del prossimo Consiglio superiore della magistratura», prevista per l’estate.
Le ultime settimane, però, hanno fatto registrare su questa riforma, forti divisioni e contrarietà dei partiti della maggioranza, che hanno presentato centinaia di emendamenti al disegno di legge. Dopo una serie di mediazioni con il Ministro Cartabia, è stato tuttavia raggiunto un accordo, mentre Italia viva ha invece annunciato la sua astensione. I tempi per l’approvazione del testo della riforma sono stretti: la data cerchiata in rosso per l’inizio dell’esame in aula è il 19 aprile.
Uno dei punti su cui si è raggiunta un’intesa è l’introduzione di un fascicolo di valutazione delle carriere dei magistrati.
Il nuovo sistema di valutazione prevede uno schedario nel quale verrebbero raccolti i dati sull’attività di ciascun magistrato, così da sostituire il sistema attuale, secondo cui sono i consigli giudiziari presenti nei ventisei distretti di Corte d’Appello lungo l’intera Penisola, a svolgere le valutazioni, ogni quattro anni.
C’è l’accordo anche sulla riforma del sistema di elezione dei membri del Csm.
Ad oggi, in ossequio di una legge del 1958, i consiglieri “togati”, ovvero quelli scelti tra i magistrati, sono eletti attraverso un sistema maggioritario costruito su tre collegi a livello nazionale, uno per ogni categoria di magistrato (di legittimità, requirenti e giudicanti).
L’ex ministro Bonafede aveva proposto di sostituire l’elezione dei membri del Csm con un sorteggio. Questa idea è stata accantonata, per andare nella direzione di un numero dei collegi aumentato, diminuendone la grandezza. I collegi saranno otto in totale, di cui due nazionali e sei territoriali. I capigruppo della maggioranza in Commissione Giustizia, hanno concordato che gli otto collegi in cui si eleggeranno i venti consiglieri togati saranno determinati sulla base di un sorteggio tra i 26 distretti di Corte d’Appello.
Sul fronte carriere dei magistrati, l’obbiettivo è la limitazione dei cambi di funzione tra giudici e pm. Attualmente un magistrato può richiedere il passaggio da giudice a pubblico ministero (o viceversa) al massimo quattro volte nel corso della carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata e dopo aver superato un concorso.
Il testo Bonafede prevedeva una riduzione da quattro a due, ma dopo le ultime mediazioni fra i partiti e il nuovo Ministro, il limite è stato definitivamente ridotto ad uno e la richiesta dovrà essere fatta entro dieci anni dal momento dell’assegnazione del primo ruolo.
Una soluzione questa che, con i referendum sulla giustizia in programma a Giugno, potrà essere nuovamente messa in discussione.
Un altro punto dell’intesa riguarda le limitazioni per i magistrati che sospendono temporaneamente il proprio incarico da magistrato, per incarichi politici.
L’accordo stabilisce a sette anni il limite di tempo in cui un magistrato potrà rimanere “fuori ruolo”. Inoltre, i magistrati candidati alle elezioni politiche, ma non eletti, verranno ricollocati in ufficio in una zona o regione diversa da quella dove hanno presentato la propria candidatura. Stessa regola per coloro che dopo aver portato a termine il loro mandato in politica, tornano alle proprie funzioni in magistratura.
Tra i partiti, sembra esserci una tregua apparente e molto presto scopriremo come andrà a finire in Aula. Nel frattempo, però, dall’altra parte della barricata, diverse correnti togate hanno ribadito la loro contrarietà al disegno di legge, dichiarando di essere pronte allo sciopero.