Storie di Stadio/ giugno 2001: Messina-Catania, derby infuocato. Muore Antonino Currò
8 Dicembre 2024Iran: la nuova legge dell’hijab e della castità punisce le donne in quanto donne.
11 Dicembre 2024L’amica geniale, chi è?
Che cos’è l’amicizia che ha ispirato la saga il cui successo è reso possibile, oltre che dalla bravura della Ferrante, grazie alla trasposizione televisiva.
È possibile definire l’amicizia? Forse no, seppur in tanti ci abbiano provato. Perché questo? Perché si tratta di un sentimento talmente complesso e ricco di sfaccettature che non possono essere ridotte a un unico schema prestabilito. Un sentimento attorno a cui ruota l’intera saga letteraria de ‘’L’amica geniale’’ realizzata da Elena Ferrante, pseudonimo dietro cui si cela un’autrice, o un autore, di cui non si conosce l’identità – seppur in tantissimi alludano alla traduttrice Anita Raja moglie dello scrittore Domenico Starnone – aspetto questo che ha contribuito ancora di più a rendere affascinante questi romanzi aventi come sfondo una Napoli popolare nell’accezione migliore del termine, in quanto espressione – nel bene e nel male – di tutta la sua genuinità, della sua luce, dei suoi profumi oltre che delle inevitabili ombre con cui è inevitabile fare i conti, prima o poi.
La saga letteraria de ‘’L’amica geniale’’, costituita da quattro romanzi ovvero ”L’amica geniale. Infanzia, adolescenza”, ”L’amica geniale. Storia del nuovo cognome. Giovinezza”, ”L’amica geniale. Storia di chi fugge e di chi resta. Tempo di mezzo”, ”L’amica geniale. Storia della bambina perduta”, ha avuto un successo incredibile, travolgente, straripante. Quasi raro, per un mondo come quello editoriale sempre più in crisi e ammorbato di schemi triti e ritriti ai giorni nostri. Un successo reso possibile, oltre che dalla bravura della Ferrante, grazie alla trasposizione televisiva – creata dal regista e sceneggiatore Saverio Costanzo – durata quattro stagioni e andata in onda in prima serata su Rai 1, per un totale di 34 episodi, capace di fissare nella mente dei lettori ancora più nitidamente il rapporto di Lila e Lenù. Un rapporto particolare, nella piena accezione del termine. Un rapporto fatto di bene, tanto bene senza dubbio, ma anche di tantissimo male. Perché osservando attentamente i loro dialoghi, i loro gesti, l’evoluzione dei loro caratteri e le strade intraprese aleggia sempre un senso di rivalità e di contrapposizione tra le due, magari non voluta ma comunque presente e sotto gli occhi di tutti. Una rivalità che nelle quattro stagioni trasmesse sul piccolo schermo, dal 2018 sino alla puntata conclusiva del 9 dicembre 2024 con la magistrale versione adulta delle due protagoniste interpretate da Irene Maiorino e da Alba Rohrwacher, sembra per esplodere, sembra sempre sul punto di sfociare in un qualcosa di finalmente definito, senza però arrivare a quel punto. E forse la bellezza del rapporto tra Lila e Lenù sta proprio in questa indefinitezza.
In questi anni, lettori e telespettatori si sono chiesti quale delle due fosse l’amica geniale, oppure quale delle due impersonificasse il bene e chi invece il male. Probabilmente, la risposta che meglio descrive la relazione di amicizia di Lila e Lenù è, in parte, ovvia e scontata: entrambe. Già entrambe, perché sono complementari, l’una la controparte imperfetta dell’altra. Entrambe perché si richiamano l’una con l’altra, perché non riescono a separarsi mai del tutto nemmeno quando Lenù ormai anziana, osservando le bambole che appartenevano da bambina a lei e a Lila e fatele trovare improvvisamente nella cassetta della posta della sua nuova casa di Torino in cui ha deciso di trasferirsi dopo essere andata via dal rione di Napoli in cui è nata e cresciuta, capisce che non vedrà mai più Lila, segnata profondamente dal dolore per la sparizione della sua bambina Tina – stesso nome della bambola di Lenù – ma per cui sembra intravedersi finalmente un po’ di quiete o chissà cos’altro.
Quiete che, invece, manca a Elena detta Lenù la quale, da un certo punto di vista, appare come la parte perennemente fragile tra le due seppur sia riuscita a emanciparsi socialmente grazie ai suoi studi e all’essere diventata una scrittrice di successo. Eppure, nonostante ciò, Lenù non riesce a trovare serenità: nonostante i complimenti ricevuti, nonostante i riconoscimenti per i propri libri, nonostante sia riuscita ad affermarsi agli occhi degli altri, sembra costantemente irrisolta, costantemente in preda alle insicurezze che si porta dietro dall’infanzia e che, in parte, sono state dettate anche da Lila. Quell’amica così forte, così totalizzante da rischiare di annullarla. C’è chi ha parlato di rapporto tossico, chi abbandonandosi a commenti privi di un’analisi attenta ha minimizzato il loro modo di rapportarsi semplificandolo sino all’inverosimile, c’è chi ha optato per una contrapposizione netta tra le due. Ma, in verità, questa contrapposizione non c’è e non ci sarà mai: perché Lila e Lenù non impersonificano l’una nitidamente la cattiveria e l’altra nitidamente la bontà, non testimoniamo questi due elementi in toto. Assolutamente no: le due sono realmente il completamento l’una dell’altra, legate da un rapporto simbiotico a tratti dolce a tratti terribilmente amaro, ma mai relegabile a un’unica interpretazione.
Lila a volte rappresenta il bene per Lenù con la sua schiettezza che non lascia spazio a frasi fatte e a mezzi termini, altre volte rappresenta qualcosa di negativo con la sua irruenza e la sua perentorietà che feriscono. Lenù è la personalità saggia, gentile e pacata, quella che stempera gli eccessi di Lila ma è anche una donna che a causa dei suoi tormenti interiori non riuscirà mai a parlare senza peli sulla lingua con Lila, non riuscirà mai ad emanciparsi da lei, non sarà mai in grado di vedersi pienamente autonoma. Lenù è sì un’intellettuale dotata di una genialità creativa notevole ma rimane comunque, suo malgrado, una donna che non è riuscita a chiudere definitivamente le porte a un passato doloroso, dove non sono mancati episodi che l’hanno segnata profondamente come l’amore perverso per Nino Sarratore che, in realtà, da quanto traspare anche abbastanza evidentemente, resta sempre affascinato da Lila. Una Lila che è a sua volte geniale, seppur in modo meno canonico e non comprensibile in maniera immediata.
Lila e Lenù, sempre e solo loro, due donne rimaste intimamente due bambine perdute in una società aggressiva che non perdona: due destini paralleli, due concezioni di vita diverse però simili, due personalità che si sfiorano ma che non riescono forse mai del tutto a tendersi la mano e a perdonarsi. Due figure che catalizzano l’attenzione su di loro completamente, due persone che vivono in maniera intensa i cambiamenti di un’Italia che passa dalla disperazione per la miseria causata dalla Seconda guerra mondiale, al boom economico sino alla grande illusione degli anni Ottanta, fatti di divertimenti allo stato puro così come di episodi di grande drammaticità come il dilagare dell’eroina, la ferocia della mafia, Tangentopoli, la mala politica e molto altro. Lila e Lenù: un rapporto vissuto e consumato fino in fondo, senza filtri, un rapporto che colpisce, che appassiona, che spaventa e che fa riflettere. Un rapporto capace di dimostrare che l’affetto, talvolta, non basta. Un rapporto fatto di chiaroscuri in cui è necessario e doveroso indagare per non cadere nel tranello della superficialità. Un rapporto che ricorda quanto l’amicizia possa essere una questione estremamente delicata e, in alcuni casi, portatrice di domande più che di risposte.