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Abbiamo giocato con la sociologia spicciola del supermercato per raccontare un po’ di abitudini newyorkesi, oggi. E la lotta si gioca tutta tra la barretta proteica e i bibitoni gassati
New York- Gli scaffali dei supermercati parlano e i carrelli della spesa raccontano, da sempre.
Due supermercati a cinque minuti di distanza l’uno dall’altro, nei pressi del World Trade Center e Wall Street, ci dicono che esistono due Americhe, quella degli obesi e quella dei magri. I ricchi e chi non lo è.
Proteine contro zuccheri. La differenza è tutta lì.
Il primo supermercato che visitiamo ci riceve con candele e asciugamani, piacenti, ma soprattutto compiacenti: costano pochi dollari. Questo piccolo angolo funziona un po’ come le cioccolatine alla cassa ad altezza bambino, un canto delle sirene, la Circe del commercio che richiama la nostra attenzione. Poi, si scende nel supermercato. Le scaffalature di bibitoni gassati i cui colori sgargianti, tra il lampeggiante e il fluo, fanno invidia a Times Square ci dicono chi sono gli habitués del negozio. Completano l’opera tramezzini confezionati – anzi club sandwich traboccanti di salse, ma compressi nella pellicola trasparente come gonfiori nelle calze contenitive. Poi, come se si potessero pure rabboccare, confinano con lo schieramento di salse allineate come grandi soldati in uniformi variopinte. Niente vino. I prodotti per l’igiene, anche i più semplici, sono sotto chiave. I prezzi sono contenuti e il macinato di manzo a 12,90 dollari è pure molto buono. Il prodotto apparentemente di lusso è la carta igienica, 6 rotoli a più di 8 dollari. La regina del supermercato Target che stiamo visitando è l’acqua, un gallone a un prezzo che non ha concorrenti in tutta Manhattan.
Così con il nostro sacchetto rosso con bersaglio ci avviamo verso il secondo supermercato per rinforzare la spesa del fresco, frutta e verdura, ci affacciamo perciò da The whole food. L’entrata stile “Alice nel bosco delle meraviglie” ci rende già felici. Poi, arriva la parola che lo rende una meraviglia: è “organic” con le sue rotondità nella grafia e nel suono. Ha un potere evocativo irresistibile, ci parla di salute e di natura, con la sua “o” piena e con la “g” che riavvolge tutte le altre lettere in maniera circolare. Che bella parola.
Stampigliata su tutte le etichette, con i colori pastello. La frutta esposta è ammiccante, ma a rubare la scena è una parete intera, seguita da un’altra, che presenta tante diligenti barrette proteiche a tutti i grani del mondo. Dei microcosmi di salute e benessere, con gocce di piacere, cioccolato e miele in qua e là. Proseguendo si vedono prodotti bellissimi che neanche si possono chiamare prodotti, forse è meglio “piccoli tesori”. Le etichette parlano di un mondo di integrazione e rispetto, in ogni tesoro è indicato se è “kosher”, ossia se si rispettano i dettami alimentari stabiliti dalla Torah. Una favola, si esce felici di aver speso non si sa nemmeno quanto, il viaggio sensoriale e la giostra della “o” che si culla con la “g” merita ogni dollaro speso.