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di Pierfrancesco Galati
“Caro nostro e grande Maestro,
la farfallina volerà:
ha l’ali sparse di polvere,
con qualche goccia qua e là,
gocce di sangue, gocce di pianto”.
Così il poeta Giovanni Pascoli, deus ex machina del Decadentismo italiano assieme al vate Gabriele D’Annunzio, consolava l’amico Giacomo Puccini dopo la prima di Madama Butterfly andata in scena al teatro “La Scala” di Milano il 17 febbraio 1904, incassando un fiasco clamoroso.
Perché Puccini sceglie il Giappone per ambientare la Butterfly
Ma andiamo con ordine: cosa stuzzicò la mente del nostro Puccini per scrivere un’opera di ambientazione esotica se non addirittura orientale? È il luglio del 1900 e Puccini si trova a Londra, presso il Duke of York’s Theatre, per assistere ad una replica del dramma in prosa in un atto del drammaturgo statunitense David Belasco, tratta dal racconto di John Luther Long, scritto nel 1898 dal titolo Madam Butterfy. Puccini, pur non comprendendo alcuna parola della recitazione perché non conosceva l’inglese, fu tanto colpito dalla vicenda intima dei protagonisti, dalla carica emotiva, dall’ambientazione esotica, da decidere di trarne un’opera lirica. Così, appena tornato in Italia, chiese all’editore Giulio Ricordi l’autorizzazione per trarre un’opera da quel lavoro con la collaborazione di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa. Giacosa ed Illica compiranno la redazione librettistica, lavorando a stretto contatto con Puccini e con Belasco, ma utilizzando anche elementi della novella di Long. Inoltre, i due librettisti per alcune suggestioni orientaleggianti presero spunto dal romanzo di ambientazione giapponese “Madame Chrysanthème” di Pierre Loti del 1887.
Per quest’opera Puccini cercò di reperire le informazioni più particolari sul Giappone: i suoi costumi e persino le sue musiche e proprio tramite la moglie dell’ambasciatore nipponico trascrisse alcune melodie di canzoni del Sol Levante, ascoltò dischi giapponesi e si fece correggere i nomi dei personaggi per renderli più realistici.
Dal fiasco de La Scala fino al Grande di Brescia
L’opera dei suoi librettisti, nonostante l’attesa e la grande fiducia del musicista, registrò un fiasco clamoroso, ma dopo l’insuccesso scaligero e le successive modifiche di Puccini, riprese il suo viaggio verso la popolarità il 28 maggio 1904 al teatro “Grande” di Brescia.
Il primo atto è ambientato a Nagasaki, in Giappone, agli inizi del ‘900.
All’ufficiale della marina americana Benjamin Pinkerton viene data in sposa una geisha di 15 anni, la piccola Cio-Cio-San, che dopo il matrimonio si farà chiamare dagli altri personaggiMadamaButterfly. Prima di convolare a nozze, i due sposi fanno un accordo: qualora il comandante si fosse innamorato di una donna americana e avesse deciso di risposarsi, avrebbe avuto il diritto di divorziare immediatamente dalla sua moglie nipponica. Mentre l’uomo non prova nessun sentimento, la giovane invece è molto innamorata e felice delle nozze, ma i festeggiamenti per le nozze vengono interrotti dallo zio di Cio-Cio-San che, deluso dal fatto che la nipote aveva rinnegato la religione e le tradizioni di famiglia, lancia una maledizione sui giovani sposi. Consolata la piccola sposa, Pinkerton si unisce a lei in un lungo duetto d’amore.
Nel secondo atto Pinkerton torna in America lasciando la donna al suo triste destino, ma la dolce Butterfly continua ad amare il suo uomo e ad avere un’incrollabile fede in lui e nel suo ritorno, nonostante siano ormai trascorsi tre anni. Invece l’ufficiale convola nuovamente a nozze nel suo continente con unadonna americana, Kate, e chiede al console americano su territorio nipponico, Sharpless, di spiegare la situazione all’ingenua geisha. Butterfly apprende, quindi, la drammaticanotizia, sente il suo cuore morire lentamente ma non è ancora tutto finito. Infatti Pinkerton era ancoraignaro di avere un bel figlio riccioluto e biondo, frutto proprio di quel matrimonio che voleva annullare, l’atto si conclude con la giovane che prepara la casa, fiduciosa e pronta ad accogliere il ritorno del suo amato.
Nel terzo ed ultimo atto, Pinkerton torna accompagnato da Kate. Decide di recarsi dalla moglie giapponese, ma gli manca il coraggio. Giunge nella casa dove era stato prima tanto felice, ma tentenna nel rivedere la geisha. D’improvviso Butterfly irrompe nella stanza e trova innanzi a lei non il suo amato, bensì una donna straniera, Kate. Scopre la verità. L’ufficiale non progetta un ritorno evuole prendere il figlio per portarlo con sé in America; dopo aver promesso di consegnare il figlio solo a Pinkerton in persona, guadagna tempo per dare l’ultimo saluto al piccolo, poi si inginocchia e si colpisce al collo secondo l’usanza giapponese denominata jigai.
Perché Madama Butterfly è un’opera innovativa
Madama Butterfly è senza dubbio un’opera rivoluzionaria, un atto di condanna contro la violenza ottusa e barbarica della cosiddetta civiltà occidentale, contro il suo sadismo, la sua superficialità, il suo cinismo, il suo infondato senso di superiorità.
Pone con forza inaudita il contrasto tra culture del quale è vittima la protagonista, incentrando su di essa (una piccola giapponese di quindici anni) un’accurata indagine psicologica con esiti che conoscono paragoni solo in figure quali Violetta Valéry o Floria Tosca.