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Che la salute mentale sia un problema è già insito in queste due parole. La mente è l’unico organo del corpo umano a cui si riserva un trattamento separato dal resto del corpo, quasi come non ne facesse parte a pieno titolo o come se fosse una figliastra un po’ scomoda. Tant’è che si è dovuta creare la “salute mentale” appositamente, distinta da quella fisica. Non esiste la “salute” a compartimentò stagno di un altro organo, naso o fegato che sia. E tutto ciò quando va bene, quando la salute non viene sostituita dall’igiene mentale che scomoda il concetto di pulizia. Se le parole tradiscono una difficoltà, l’età fa il resto: la psichiatria è più giovane di molti di noi. È solo nel 1965 che avviene la separazione della Scuola di specializzazione di malattie nervose e mentali in neurologia e psichiatria. Socialmente, però, siamo rimasti molto indietro perché forse sono mali, quelli della mente, che diversamente da una testa rotta non si mostrano, eccetto quando sfociano in comportamenti gravi che spesso si cerca comunque di contenere tra le quattro mura di casa. Non essendoci pressione sociale, perciò, chi deve decidere di rivoluzionare la risposta non se ne preoccupa troppo, non la colloca tra le priorità.
I problemi psichiatrici e i nuovi pazienti
Di poche settimane fa è il rapporto della II Conferenza nazionale per la salute mentale. Il Ministero della salute ci dice che abbiamo centrato la metà degli obiettivi che ci eravamo posti. “I dati mostrano che il sistema di cura è centrato sulla cronicità piuttosto che sulla identificazione e intervento precoce, e che le prestazioni totali sono insufficienti a garantire la continuità e l’intensità della presa in carico”. Come dire che curiamo il malato di lungo corso, chi ha minor margine di recupero, gli altri possono attendere (magari di diventare cronici). I nuovi pazienti vengono visitati, in media, due volte l’anno, primavera e autunno oppure estate e inverno. In particolare, per gli utenti nuovi assistiti (2019) il numero medio di prestazioni fornite dal gruppo diagnostico non raggiunge il 2, nel caso di mania e disturbi bipolari e di schizofrenia e psicosi funzionali. Per la depressione è di 2,2 prestazioni annue in media, per i disturbi della personalità e del comportamento è di 2,5.
Colpisce anche la giovane età dei nuovi pazienti e solo questo, di per sé, dovrebbe indurre tutto il sistema di presa in carico ad allacciarsi bene le scarpe per accompagnare una società profondamente modificata. L’età media è di 43,2 anni, sale a 49 anni per schizofrenia e altre psicosi funzionali.
Infanzia e adolescenza, i nervi scoperti della psichiatria
Ciò che sorprende di più di questo resoconto ufficiale, molto diretto, è la fragilità del sistema per i più piccoli, per la Salute mentale dell’Infanzia e dell’Adolescenza. “In molte regioni non è stato formalmente strutturato un sistema di servizi di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza e quando esistenti, essi non sempre sono integrati in una rete coordinata di cura. In particolare, mancano non solo letti di ricovero dedicati, ma soprattutto le strutture semiresidenziali terapeutiche, indispensabili per garantire interventi a maggiore complessità e intensità e per prevenire, per quanto possibile, il ricorso al ricovero ospedaliero e alla residenzialità terapeutica”.
Poi, arrivano un paio di considerazioni perentorie alle quali bisognerebbe rispondere immediatamente per non lasciare che i problemi dei minori e delle loro famiglie finiscano per schiacciare proprio chi ha più bisogno.
“Nei servizi territoriali non sono previste e adeguatamente presenti tutte le figure multidisciplinari necessarie”, il che è come certificare che i territori non sono attrezzati. “Il quadro è reso critico dalla prevedibile collocazione a riposo a breve di numerosi neuropsichiatri infantili, senza che vi sia un numero sufficienti di giovani specialisti per sostituirli”, aggiunge il Ministero. Negli ultimi dieci anni si è osservato il raddoppio degli utenti seguiti nei servizi di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, in particolare modo in ambito psichiatrico, a parità di personale, e senza comunque riuscire a garantire le risposte adeguate. “Già prima della pandemia si stimava che 200 bambini e ragazzi su 1000 avessero un disturbo neuropsichiatrico (ovvero 1.890.000 minorenni) ma solo 60 su 1000 hanno accesso ad un servizio territoriale di NPIA e di essi la metà riesce ad avere risposte terapeutico-riabilitative territoriali appropriate. Anche l’andamento dei ricoveri negli ultimi anni evidenzia abbastanza bene la carenza di risposte appropriate. Tra il 2017 e il 2018, i ricoveri per disturbi neurologici tra 0 e 17 anni sono aumentati dell’11% e quelli per disturbi psichiatrici sono aumentati del 22%. Di 43.863 ricoveri complessivi avvenuti nel 2018, solo 13.757 hanno potuto avvenire in reparto NPIA e hanno ricevuto l’assistenza di cui avrebbero avuto necessità”. Per non parlare poi della prevenzione e delle diagnosi precoci.
Naturalmente c’è anche un problema di budget che probabilmente riflette un’idea di società. Da più di vent’anni la salute mentale nel nostro Paese riceve il 3,6% del Fondo sanitario, ossia poco più di 4 miliardi. Si stima che per far fronte alla spesa attuale, in cui sono incluse anche le dipendenze, ne occorrerebbero almeno 7, vale a dire il 6% del Fondo.
La fotografia dei Dipartimenti di salute mentale post Covid
Agli 830 mila pazienti in cura in era pre Covid, che rappresenterebbero l’1,6% della popolazione presa in carico, si stima di dover aggiungere almeno un 30%. Nel complesso questo periodo di sindemia porterà con sé un milione di nuovi casi di disagio mentale. Che cos’è la sindemia? “La pandemia ha creato uno stress senza precedenti sui servizi di Psichiatria, con un aumento enorme delle richieste di prestazioni volte a fronteggiare le conseguenze psichiatriche del covid. Ma è più appropriato parlare di sindemia: un mix tra pericolo clinico e sociale fatto di malattia, di paura del contagio, della cosiddetta covid fatigue, di lutti, di crisi socioeconomica. E dell’emersione di una profonda solitudine” spiega Claudio Mencacci co-presidente della Società italiana di NeuroPsicoFarmacologia (Sinpf).
Concludiamo questo articolo riportando alcuni link, uno in particolare rimanda a una lunga testimonianza diretta di una psichiatra che ripercorre gli ultimi decenni, a partire dalla Legge Basaglia. Il contenuto potrà stimolare discussioni anche accese tra posizioni diverse, ma di sicuro evidenzia la necessità di riprendere le riflessioni su questo tema difficile, sul quale la discussione non è rimandabile.
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-salute-mentale
https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_3084_allegato.pdf