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di Daniel Dolci
L’11 marzo 2021 si batte all’asta EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYS, un grande collage dell’artista americano Beeple, per 69 milioni di dollari. La notizia diventa virale dentro e fuori il mondo dell’arte poiché l’opera, una delle più costose della storia, è totalmente digitale. La tecnologia che ha reso possibile la vendita – e quindi la trasformazione dell’opera artistica smaterializzata in prodotto e investimento – è quella dell’NFT, Non-fungible Token. Si tratta delle stesse dinamiche alla base delle criptovalute e degli smart-contract: la tecnologia blockchain. Un blockchain è una rete informatica in grado di gestire le informazioni in indipendenza, basandosi su un algoritmo. Ciò permette alle transazioni di smarcarsi dall’intercessione di una qualche istituzione, come una banca o lo Stato, e di fare in modo che sia la rete stessa, a cui fanno a capo vari nodi, a validare la transazione.
Si è davanti alla realizzazione di due delle aspirazioni del tardo capitalismo liberista: quella di abolire lo Stato, ormai diventato d’intralcio alla – presunta – irrefrenabile crescita del mercato, e quella di creare valore dal nulla, al fine di sostenere tale crescita.
La tecnologia NFT usata da Beeple non è nulla più che una trovata di mercato, una feticizzazione del suo lavoro pronta a essere venduta a qualche collezionista o – peggio – speculatore. EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYS è un collage dell’omonima serie, nella quale, per quattordici anni, Beeple ha realizzato ogni giorno un’illustrazione diversa.
Al di là della vendita record, per molti artisti dotare le proprie opere di un NFT significa investire dei soldi che non sempre torneranno, il procedimento implica infatti un “minting” (conio) sulla rete, generalmente quella di Ethereum, per il quale si stima una spesa media di circa 100$ per ogni token. Inoltre, le opere dotate di NFT si comprano spesso in criptovaluta, come accade su una delle principali piattaforme di vendita di questo tipo di arte, Opensea. Appena si accede al portale ci si trova spaesati, poiché gli abituali prezzi in dollari o euro sono sostituiti dal prezzo in Ethereum, una delle principali criptovalute. Mentre sto scrivendo, 1 Ethereum vale più di 4.000 $. Ma la cripto-economia è famosa per i suoi prezzi altalenanti e la sua forte componente di speculazione, forse è per questo che ha finito per lavorare così bene assieme al mercato dell’arte.
Generatori di nuovo valore
L’NFT è qualcosa che si configura esclusivamente nella dimensione smaterializzata della rete, dalla quale provengono anche la stragrande maggioranza delle immagini di cui siamo circondati e circondate. Come già per la fotografia analogica e altre modalità della riproduzione tecnica, le immagini digitali non possiedono un originale. Ciascuno può scaricare un’immagine sul proprio dispositivo e ogni singola iterazione (copia) di quella stessa immagine avrà la medesima qualità. È qui che l’NFT si inserisce, innestando artificialmente sull’opera un fattore di unicità ed esclusività che essa ontologicamente non possiede. Questo permette l’apertura di un nuovo settore di vendita, senza andare in contrasto con le qualità proprie dell’immagine virtuale, poiché l’immagine rimane clonabile, ma l’NFT va a stabilirne chi è l’effettivo proprietario. Questa pratica non si esprime solo con opere d’arte digitale, ma anche con molti altri tipi di immagine, quali i meme: “Bad luck Brian” e “Disaster Girl” sono stati venduti – o meglio, a essere venduti sono stati i loro certificati di proprietà – per cifre esorbitanti.
Una curiosa coincidenza
EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYS è diventata l’opera simbolica di questa neonata zona di mercato, ma parlare di NFT solleva ancora una volta la questione, già annosa nella storia dell’arte, del rapporto fra copia e originale. Il caso vuole che Beeple sia lo pseudonimo di Mike Winkelmann, nome che fa eco al più celebre Johann Joachim Winckelmann, principale promotore e teorico del neoclassicismo, corrente che vedeva l’arte greca e romana quale modello prediletto per gli artisti contemporanei. Nel 2015, Salvatore Settis e Anna Anguissola inaugurano a Fondazione Prada la mostra Serial Classic, dove viene rimessa in discussione la nostra concezione del classico e del suo connotato di unicità, e viene sottolineato il processo di produzione delle copie in marmo che ci piace tanto instagrammare quando camminiamo fra le sale della Galleria degli Uffizi o dei Musei Vaticani.
NFT come medium nell’arte contemporanea
In un articolo di Frieze, Peter Brock illustra i possibili usi artistici per la tecnologia blockchain. Fra questi, Terra0 è un progetto che vuole utilizzare le dinamiche degli smart-contract su un soggetto non umano, come una foresta, la quale potrebbe avere i suoi propri diritti e regolare da sé – con il piccolo aiuto di un algoritmo – lo scambio delle sue materie prime. Da sempre l’arte si è configurata con il progresso tecnico e, con il suo operare, l’ha a sua volta riconfigurato. EVERY- DAYS: THE FIRST 5000 DAYS è stato l’emblematico iniziatore di un processo che si trova oggi solo ai suoi inizi. L’NFT può davvero offrire un nuovo modo di fruire e far operare le opere d’arte contemporanea. Un esempio è l’opera di Sarah Friend, clickmine, si tratta di un videogioco in cui, con ogni click, generi della criptovaluta sul network di Ethereum, ma contemporaneamente partecipi a devastare l’ambiente virtuale del videogioco.
Al mondo dell’arte contemporanea, già ricco di contraddizioni, vanno ad aggiungersi le complessità della cripto-economia: siamo davanti a un medium in grado di aumentare l’incidenza delle opere o all’ennesimo atto predatorio di un mercato globale ormai all’angolo?