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5 Agosto 2023Niger, il golpe e i mercenari della Wagner
Lo schema che si ripete è sempre lo stesso: si comincia con la protezione degli uomini di Prigozhin, si alimenta il traffico di armi nei villaggi, si risolve con la finta mediazione diplomatica del Cremlino.
Non c’è tregua per il Sahel, quella cintura di territorio che in Africa divide il deserto del Sahara e la savana, toccando le sponde dell’Atlantico, da un lato, e del Mar Rosso, dall’altro. Negli ultimi due anni, quest’area era stata interessata da tre colpi di Stato militari in Guinea, in Mali e in Burkina Faso, sancendo una netta rottura dei legami storici con la Francia, l’uscita di scena dei militari occidentali e divenendo terreno fertile per le scorribande delle truppe jihadiste.
Il colpo di Stato in Niger
Negli ultimi giorni, a rendere ancora più instabile lo scenario nella regione è un altro colpo di Stato, questa volta nel Niger, con venticinque milioni abitanti, il più popoloso dell’area.
Indipendente dall’agosto 1960, nella sue breve storia repubblicana già teatro di altri colpi di Stato e tentativi di attentati agli organi presidenziali.
È arrivato in diretta-tv l’annuncio dell’arresto del Presidente democraticamente eletto nel 2021, Mohamed Bazoum, detenuto insieme alla sua famiglia e ai suoi collaboratori nel Palazzo Presidenziale della capitale Niamey.
Schierati, con la mimetica azzurra dell’Aeronautica, i golpisti della nuova giunta militare hanno letto davanti le telecamere il proclama di insediamento: «Noi, forze di difesa e sicurezza, abbiamo deciso di mettere fine al regime che conoscete. Questo per il continuo deterioramento della sicurezza e il malgoverno dell’economia e della società».
Eletto presidente il generale Tchiani
Ed è stato annunciato che a guidare il Paese con il ruolo di “Presidente del Consiglio Nazionale per la salvaguardia della Patria” sarà il sessantaquattrenne generale Tchiani, il quale ha immediatamente decretato la chiusura delle frontiere, dello spazio aereo e il coprifuoco dalle 22 alle 5 del mattino.
Sospesa inoltre la Costituzione e sciolti tutti gli organi istituzionali.
Il Presidente deposto Bazoum si è fatto sentire con un messaggio via Twitter: «I successi duramente conquistati saranno salvaguardati. Ci penseranno tutti i nigerini che amano la democrazia e la libertà». Le persone che si sono riversate davanti al Palazzo Presidenziale per esprimergli la propria solidarietà, sono state disperse da colpi di fucile sparati in aria dalle forze golpiste.
Nel frattempo nelle piazze della capitale sono sbucate le bandiere russe e i cartelli con scritto “abbasso la Francia” e “I love Putin”.
Il Niger e la Russia
Il caos politico in Niger potrebbe ostacolare la lotta contro gli jihadisti e aumentare l’influenza della Russia nell’Africa Occidentale, un rapporto sempre più stretto, messo in passerella a San Pietroburgo nel corso di questa settimana a margine del vertice Russia-Africa, durante il quale tutti i Capi di Stato dei Paesi del continente nero si sono fatti fotografare uno alla volta con Vladimir Putin, come fanno gli ospiti con gli sposi, il giorno del matrimonio.
Contro i terroristi della Jihad, i vertici dei Paesi del Sahel si stanno affidando sempre più ai mercenari russi del gruppo Wagner che offrono sicurezza, in cambio di risorse.
Il sottosuolo nigerino è uno scrigno non trascurabile di uranio e oro, oggi gestite dalla monopolista francese Orano. Non secondario il ruolo del Paese nel traffico della cocaina latinoamericana.
I mercenari della Wagner
Non sorprendono allora le indiscrezioni secondo cui colonne di mercenari della Wagner stanziate in Mali, si stiano già dirigendo in Niger per supportare Tchiani.
Lo schema che si ripete è sempre lo stesso: si comincia con la protezione degli uomini di Prigozhin, si alimenta il traffico di armi nei villaggi e nelle strada, si risolve con la finta mediazione diplomatica del Cremlino.
L’intera comunità internazionale ha condannato il golpe e ha chiesto garanzie sull’incolumità del Presidente Bazoum. La stessa Unione Africana ha chiesto ai militari di ripristinare l’ordine costituzionale entro i prossimi quindici giorni. E non si è fatta attendere la condanna dell’Ecowass, la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale.
Niger-Italia, la cooperazione
In Niger l’Italia è stata impegnata in progetti di cooperazione sin dalla fine degli anni Ottanta, in collaborazione con la Fao, dedicandosi ad attività di rimboschimento, sviluppo rurale e sociale. Da diversi anni a Niamey e dintorni operano svariate Ong italiane, che collaboravano in modo proficuo con le autorità locali.
Lo scorso Dicembre, il Presidente Bazoum era stato ricevuto a Roma da Giorgia Meloni, a testimonianza della solidità dei rapporti fra i due Paesi, concretizzatasi due mesi più tardi con l’apertura nella capitale nigerina di una sede dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.
Il Niger è sempre stato considerato un baluardo dell’Occidente nella tumultuosa regione del Sahel ed è stato costantemente coadiuvato da programmi di sostegni economici e militari.
Nell’ambito della Misin (Missione Italiana Bilaterale di Supporto nella Repubblica del Niger) sono presenti almeno trecento soldati italiani nel territorio, che hanno addestrato le Forze Armate, la Guardia Nazionale e le Forze Speciali locali.
Emblematico come i golpisti che annunciavano in diretta-tv la presa dello Stato, ostentassero sulle proprie uniformi le ali del brevetto di paracadutista, riconosciuto proprio grazie all’addestramento ricevuto dalla Folgore italiana.
Nel mese di ottobre 2022 una delle ultimi uscite internazionali del Ministro della Difesa, Loranzo Guerini, fu la donazione all’Aeronautica del Niger di due elicotteri italiani della Guardia di Finanza. Sul versante della cooperazione economica, nel mese di Febbraio, la capitale Niamey è stata teatro di un business summit tra Unione Europea e Niger per rilanciare il partenariato commerciale, con la presenza di massiccia delegazione di imprese italiane. Tutti gli aiuti economici e i programmi di cooperazione sono stati congelati.
Caos dei flussi migratori all’orizzonte
Ma i vertici di Bruxelles temono che il caos possa far deflagrare la questione migratoria, dal momento che il Paese era un caposaldo nel contrasto ai flussi provenienti dall’area subshariana al Mediterraneo.