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Norvegia, la regina delle Terre Rare


La società nazionale Ren ha annunciato la scoperta di un giacimento di quasi 9 milioni di tonnellate di ossidi di terre rare. Vediamo che cosa sono.

Non le bastavano il gas e il petrolio. Adesso la Norvegia punta a diventare il più grande forziere di Terre Rare del continente europeo. Il 7 giugno 2024, al culmine di un lavoro di tre anni di esplorazione, la società nazionale Ren ha annunciato la scoperta di un giacimento di quasi 9 milioni di tonnellate di ossidi di terre rare.

Si trova a poco più di 100 km dalla capitale Oslo, nel complesso di Fen e sarebbe ricca di materiali pregiati, fra cui ossidi di neodimio e praseodimio.

Ricordate l’annuncio a inizio 2023 per la scoperta in Svezia del deposito di terre rare più imponente d’Europa? Questo norvegese è almeno quattro volte più esteso e più abbondante. Non contenta, però, la Ren vuol fare le cose in grande e ha già annunciato che proseguirà con le perforazioni per tutto il 2024, prima di avviare un piano di investimento da 10 miliardi di euro (870 milioni di euro) per sviluppare la prima fase di estrazione entro il 2030. L’obiettivo è ambizioso: generare un filiera di produzione a basso impatto ambientale, in grado di soddisfare il 10% del fabbisogno Ue, centrando da sola la missione di autosufficienza prospettata dal Critical Raw Materials Act. Stando alle previsioni dell’emittente pubblica Nrk, l’esportazione di metalli di Terre rare dal complesso di Fen, potrebbe diventare più importante per l’Europa di quanto oggi siano le esportazioni di gas norvegese. Occorre ricordare infatti, che pur non essendo un Paese membro dell’Unione Europea, la Norvegia gode di status privilegiato poiché appartiene allo Spazio economico europeo, per il quale è già un fornitore stabile di molte materie prime e nel caso del gas è ormai il principale, da quando la Russia ha deciso di invadere l’Ucraina.

Le terre rare in Europa

Fra i cosiddetti materiali critici, le terre rare sono fra gli essenziali.E attualmente l’Europa non ne produce neanche un grammo. Il giacimento norvegese, insieme a quello svedese, promette una svolta e accende grandi speranze di emancipazione dalla Cina, che ne controlla oltre l’80% dell’offerta globale, con picchi addirittura oltre il 90%, quando si parla di magneti. Contemporaneamente, la domanda europea per queste materie prime è in costante aumento: nel 2019 si attestava a 18mila tonnellate all’anno, ma entro il 2030 potrebbe raddoppiare a 40mila tonnellate.

Per svincolarsi dalla dipendenza di Pechino, a Bruxelles è stata immaginata una strategia che cammina su due gambe. Innanzitutto, la ricerca di fornitori alternativi, attraverso il Global Gateway, lo strumento diplomatico utilizzato per stringere accordi con Paesi terzi. E, allo stesso tempo, accelerare l’esplorazione sul suolo europeo e sviluppare un’industria del riciclo delle materie prime. 

Riaprire le miniere in Italia?

In Italia, il ministro Adolfo Urso ha annunciato un processo di mappatura del territorio e l’obiettivo di riaprire le miniere per garantire la copertura almeno una parte della domanda di materiali critici. Già a fine 2022, il nostro giornale aveva parlato del report del Cnr, secondo cui alcuni siti italiani fossero ricchi di litio. Già allora ci eravamo tuttavia interrogati sull’impatto ambientale e paesaggistico che queste miniere realizzano nei territori interessati.A quasi due anni di distanza, questo tema è ancora più incandescente e riguarda l’intera Europa. https://www.laredazione.net/litio-tutti-a-caccia-delloro-bianco/

Che cosa sono le terre rare

L’importanza delle terre rare è presto detta. Si tratta di un gruppo di quindici elementi chimici, indispensabili nell’assemblaggio delle tecnologie utilizzate nella transizione energetic, nell’hi-tech e nel settore della Difesa. Dagli smartphone, alle pale eoliche, dalle auto elettriche, ai pannelli solari, tutto ciò che riguarda la nostra quotidianità e il nostro futuro non può prescindere delle terre rare. Per questo motivo, tornando alla Norvegia, il Governo di Oslo vuole accelerare e si è caratterizzato per essere stato il primo Paese al mondo a sostenere il deep sea mining, una pratica che prevede l’estrazione di minerali dal fondale degli oceani.

Del resto lo avevamo detto, non le bastavano il gas e il petrolio.