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Impatto di genere: sarà un criterio per valutare i Piani nazionali per il Next Generation EU
di Salvatore Luigi Baldari
Hanno suscitato grande scalpore i dati Istat sull’occupazione, pubblicati Lunedì 1 Febbraio, secondo cui il 98% dei posti di lavoro persi nel mese di Dicembre, sono riferibili alle donne. Un fenomeno che si ritrova, anche con riferimento all’intero 2020. Dei 444mila occupati in meno, registrati in Italia nell’ultimo anno, il 70% è costituito da donne. Una sorpresa, non troppo inaspettata.
Infatti, la bassa occupazione delle donne, la loro disparità sul lavoro e la consuetudine con cui si dà per scontato che svolgano lavoro di cura non retribuito, supplendo alle carenze del welfare, rappresentano un problema strutturale del nostro Paese. La pandemia lo ha solo esasperato.
Il tasso medio di occupazione femminile 2005-2019 in Italia è risultato inferiore di 12 punti rispetto all’Area-Euro, un gap che non possiamo continuare a permetterci.
Il modo in cui siamo abituati ad affrontare la questione soffre di due limiti concettuali.
Il primo, è trattare il problema della parità di genere prevalentemente come una questione di equità e di coesione, laddove dovrebbe rappresentare un tema di ammodernamento del Paese.
Il secondo sta nell’individuare i problemi nel mercato del lavoro della donna, particolarmente dal lato dell’offerta, dall’insufficienza delle competenze o dalla carenza di nidi o strutture sociali di cura. Troppo spesso non si considera determinante il lato della domanda, in ragione del demansionamento e della discriminazione.
La parità di genere andrebbe affrontata con un approccio completamente diverso, integrandolo in una e vera e propria riforma organica.
Non è un caso che sia stata individuata fra i criteri con cui la Commissione Europea giudicherà i Piani Nazionali per Next Generation EU.
Nella prima bozza del 9 dicembre 2020, il nostro Piano Nazionale di Riprese e Resilienza (Pnrr) specifica 4 obiettivi, di cui la “Parità di genere” è il quarto, oltre a “Modernizzazione del Paese” -“Transizione ecologica” e “Inclusione sociale e territoriale”. Mentre questi tre si espandono in varie Missioni, il quarto diventa un componente della Missione 5, denominata “Parità di genere, equità sociale e coesione territoriale”.
Nella seconda bozza del 12 Gennaio 2021, il Pnrr presenta particolari modifiche. Si evince che alla linea progettuale per la “Parità di Genere” sono assegnati 4,52 miliardi, ovvero il 2,3% del totale delle risorse del Piano (196 miliardi), e che non si focalizza sull’imprenditorialità femminile cui vengono destinato 400 milioni di euro, né sull’occupazione delle dipendenti, sulle loro difficoltà di accesso e di carriera, sulla forzata inattività, i differenziali retributivi, la discriminazione
Il focus è invece incentrato sull’assegno unico del Family Act e sulla conciliazione fra impegni di lavoro e cura, laddove in un Paese civile ci si aspetti che la spesa pubblica favorisca l’intera famiglia, non esclusivamente la lavoratrice.
La parità di genere viene menzionata come priorità trasversale, insieme a giovani e Sud. Il rischio concreto di questo metodo è perdere non solo attenzione, ma soprattutto risorse. La trasversalità, infatti, espressa in questo modo si configura come un concetto generico che non implica impegni specifici. I progetti vanno ricercati nei vari sottoinsiemi di missione e, quando trovati, non offrono una visione generale, né la copertura finanziaria.
Prendendo come esempio il capitolo sugli asili nido, sarebbe stata auspicabile una mappatura, Comune per Comune, con le principali carenze; individuare, di concerto con gli enti locali titolari delle competenze, il numero di nuove strutture da costruire in rapporto alla domanda potenziale, la tempistica e le risorse di parte corrente per il mantenimento futuro delle nuove strutture. Prospettare una stima dell’impatto sull’aumento del tasso di attività femminile in quelle zone, eventualmente da incentivare con ulteriori misure di stimolo una-tantum. Per dirla in parole povere, un vero e proprio piano industriale.
Eppure, soltanto sei mesi fa, il nostro Paese era stato palcoscenico di una felice esperienza di programmazione nettamente più all’avanguardia, che poneva la questione della “Parità di Genere” fra i tre assi fondamentali per il rilancio del Paese. Al di là delle valutazioni personali che ciascuno ha potuto farsi a riguardo, infatti, la cosiddetta task-force Colao, aveva realizzato un lavoro importante, mai entrato del tutto nel dibattito pubblico.
Andando a vedere nel dettaglio le differenze fra le due bozze del Pnrr e il documento del Piano Colao di Giugno 2020, emergono significative differenze, intorno al tema della Parità di genere.
Il Piano Colao inserisce “parità di genere e inclusione” fra i tre assi di rafforzamento del paese, insieme a “digitalizzazione e innovazione” e “rivoluzione verde”, definendola nel documento un “ritardo inaccettabile”.
Il Piano Colao, per ciascun capitolo, circoscrive progettualità precise, descritte in schede che illustrano contesto, azioni specifiche, fonti e tempistiche. Riguardo la parità di genere elenca: stereotipi di genere, sostegno dell’occupazione femminile (due schede), valutazione d’impatto di genere, conciliazione dei tempi di vita e sostegno alla genitorialità (quattro schede), interventi per le donne vittime di violenza (due schede), fondo di contrasto alla povertà minorile, dote educativa, orientamento ai giovani.
Nello specifico, all’occupazione femminile il Piano Colao dedica due schede: la prima sul tema occupazionale, con riferimenti a congedi parentali e di paternità (15 giorni), ai settori dell’assistenza sociale, sanità e servizi educativi per la prima infanzia, ad alta intensità femminile; la seconda scheda approfondisce il potenziamento delle carriere e la parità salariale.
Il Piano Colao introduce, tra l’altro, il concetto di valutazione di impatto di genere, con esplicito riferimento alle linee guida del Gender Impact Assessment dello European Institute for Gender Equality.
Le prossime settimane saranno fondamentali per la stesura definitiva del Pnnr e, senza dubbio, il confronto con il Parlamento, le parti sociali e gli enti locali sarà determinante. Altrettanto decisivo sarebbe dare un senso al lungo lavoro svolto dalle donne e dagli uomini della task-force Colao, capaci per lo meno di proporre un metodo analitico e sistemico.
Illustrazione di Tommaso Zanetti