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25 Maggio 2022Puglia, il primo distretto agricolo a impatto zero
Prima va però fermata l’avanzata della xylella
di Simone Cataldo
Dal disastro della xylella al tentativo di ricreare la tradizione agricola salentina. Il Salento ha accettato questa sfida dopo esser uscito, apparentemente, dalla grave situazione che ha spazzato via migliaia di ulivi. La sputacchina continua a intaccare altri alberi, tra il continuo contagio e le decisioni del Tar con cui non si accettano soluzioni non scientifiche, così anche le altre province pugliesi perdono economia e secoli di storia agricola. Solo l’idea di un distretto agricolo a impatto zero può far riacquisire alla Puglia intera un’identità rinnovata.
Sono anni che si parla di biodiversità e impatto zero, e quanto più si va avanti tanto più la spinta comunicativa di temi analoghi si intensifica.
Tra alberi secolari (e non) che hanno smesso di arricchire ettari di terreno con le loro foglie verdi, e famiglie che da un giorno all’altro hanno perso le proprie entrate, diversi distretti universitari tra cui il Cmcc (Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici), l’Università del Salento, l’Università di Bari, il CHIEAM (Mediterranean Agronomic Institute of Bari) e il Distretto agroalimentare di Qualità Jonico Salentino, hanno deciso di approfittare di un fondo economico offerto dal Ministero delle politiche agricole per ritrovare il senso agricolo del territorio.
Cinquanta milioni per il primo distretto agricolo a impatto a zero in Europa.
Com’è possibile creare un distretto interamente carbon neutral?
Ci hanno pensato, con vari esperti, i distretti universitari sopra indicati che hanno accolto cinquanta milioni di euro messi a disposizione dal Ministero delle politiche agricole per avviare la prima parte di questo progetto la cui fine è stabilita a inizio 2023 (come primo atto). Sono state coinvolte al momento ben 65 aziende agricole, con l’obiettivo di produrre vegetali e verdure certificati a impatto zero. Di fondamentale importanza sarà l’utilizzo di energie rinnovabili, ma questa è solo una delle variabili per arrivare al risultato sperato. Pertanto si punta a recuperare la biodiversità, le risorse idriche, lottare contro la desertificazione, implementare le pratiche che migliorino la fertilità dei suoli e, infine, si ha l’idea di utilizzare nuove specie e di incrementare coltivazioni come mandorleti e alberi da frutta, che meglio si adattano alla crisi del clima.
La xylella avanza nelle province pugliesi
Peccato solo che, accanto a questo bel progetto di valorizzazione della tradizione agricola pugliese, permanga la xylella che, dopo aver colpito il Salento, è sbarcata nelle altre province. Il batterio avanza al ritmo di due chilometri al mese. Pertanto non sono bastati i 21 milioni di ulivi già colpiti fino ad oggi che, oltre all’Italia, vedono protagoniste in negativo alcune zone di Francia, Spagna e Portogallo. Ed è proprio per questo che Coldiretti Puglia ha denunciato quanto accaduto a Oria, Francavilla e i provincia di Taranto: da sei anni, a causa della decisione del Tar secondo cui non è possibile espiantare gli alberi che andrebbero preservati con tecniche scientifiche (innesti), il fatto di non aver sradicato 46 alberi ha causato la morte di ben 3100 di essi, proprio in queste zone. Lo snodo della questione è infatti questo perché, come ben specificato da Coldiretti, gli innesti, soprattutto se effettuati su piante già in stato avanzato di morte, sono pressoché inutili.
Auspicando che l’idea di un distretto agricolo a impatto zero sia la soluzione migliore per la Puglia e per le famiglie pugliesi che negli anni hanno svenduto i loro frantoi a pezzi tra Grecia, Tunisia e Marocco, è altrettanto augurabile che, prima di avviare un processo simile, si predispongano delle misure che portino tutta la regione a una situazione di quiete.