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Due rebus sul futuro politico della terza Regione d’Italia. Si potrebbe aggirare anche il vincolo dei due mandati che scatterebbe solo dalla legislatura in corso per cui il secondo mandato cadrebbe nel prossimo quinquennio 2025-2030.
In Campania, la strada per il rinnovo delle cariche politiche e istituzionali della Regione è tutt’altro che scontata e c’è da scommettere che le sorprese non mancheranno. Anche perché già da ora non mancano diversi interrogativi dietro i quali si celano nodi politici difficili da sciogliere.
Primo nodo da sciogliere: quando si vota?
Il primo quesito da risolvere è la data del voto. Uno slittamento, rispetto alla scadenza naturale dell’attuale legislatura (fissata a settembre 2025), non è da escludere.
Nel 2020, infatti, non si votò in primavera così come accaduto in precedenza, ma a settembre: il tutto a causa della pandemia da coronavirus. Il caso Campania è simile a quello di molti Comuni. In tal senso, dopo la richiesta del Sindaco di Moncalieri, andato al voto nel settembre 2020 e che ha presentato una richiesta di chiarimento al Ministero dell’Interno, il Viminale ha spiegato che il Comune piemontese, come tutti gli altri ricadenti nella medesima condizione, andranno al voto nella primavera del 2026, ovvero entro sei mesi dopo il quinquennio.
Tale decisione nasce in applicazione dell’articolo 1 (primo comma) della legge 182/1991 che recita: «Le elezioni dei Consigli comunali si svolgono in un turno annuale ordinario da tenersi in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno, se il mandato scade nel primo semestre dell’anno, ovvero nello stesso periodo dell’anno successivo, se il mandato scade nel secondo semestre. Dunque non rileva che la precedente consultazione abbia già subito uno slittamento a causa delle misure anti-Covid, determinando una permanenza prolungata in carica degli amministratori pro tempore». Da Roma è cosi arrivata la conferma che i Comuni che hanno eletto i propri sindaci a settembre 2020 e a ottobre 2021 non andranno al voto a settembre 2025 o a ottobre 2026 per il rinnovo. Le relative elezioni cadranno solo nelle primavere successive.
Ma se per i Comuni la strada è tracciata, lo stesso non vale per le Regioni. Anche il presidente Vincenzo De Luca e i consiglieri eletti in Campania potrebbero usufruire dello slittamento di sei mesi e andare al voto nella primavera del 2026. Ma perché ciò avvenga c’è bisogno di un decreto che, al momento, non è stato emanato.
Secondo rebus: regionali con De Luca o senza?
Il secondo quesito, per certi aspetti ancora più contorto, è la ricandidatura del Governatore Vincenzo De Luca. L’unico punto fermo è la norma nazionale in vigore che vieterebbe ai Presidenti di Regione di andare oltre i due mandati. Il condizionale è d’obbligo e si aprono più scenari. Ad oggi la Campania non ha mai recepito il dispositivo-quadro nazionale. L’attuazione del divieto, dopo i due mandati dei governatori, è tutta da capire, interpretare e scrivere.
Costituzionalisti e giuristi al lavoro: la politica è sempre l’arte del possibile
Stando ad alcuni bene informati, il presidente De Luca avrebbe l’asso nella manica (con l’ok di Elly Schlein?) per aggirare la norma nazionale. Dopo le europee dei mesi scorsi i rapporti tra segretaria dem e governatore sono in fase di disgelo e dialogo. I tempi dello scontro aperto sembrano molto lontani. Così come sembra da preistoria il libro pubblicato da De Luca a ottobre 2023 (“Nonostante il Pd”) che entrava in polemica aperta col partito. Oggi Pd e De Luca sono elmetto in testa nella trincea del ‘No’ al progetto di riforma dell’autonomia differenziata.
Consiglio regionale al lavoro (quasi in silenzio)
Il Consiglio regionale della Campania potrebbe lavorare a piccole modifiche della legge elettorale regionale e dello Statuto. Tra le novità, allo studio, ci sarebbe addirittura il ritorno all’elezione indiretta del presidente della giunta. In pratica, la Campania potrebbe essere la prima regione a imboccare la strada di un ritorno verso il vecchio sistema elettorale, rimasto in vigore fino al 1999. Fino a quel momento il Governatore veniva eletto solo ed esclusivamente in seno all’assemblea regionale e poteva addirittura cambiare nel corso di una legislatura. Con una eventuale modifica, qualora si dovesse concretizzare, si introdurrebbe un sistema di elezione indiretta o di secondo grado (simile allo schema parlamentare) dove sarebbe poi l’assemblea a decidere con voto di fiducia chi debba guidare la Regione Campania, scegliendo necessariamente un «consigliere eletto». La legge, che nel 1999 introduceva l’elezione diretta dei presidenti di Regione, stabilì che: «Il presidente della giunta, salvo che lo statuto disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto». Proprio quel «salvo che lo statuto disponga diversamente» può rappresentare il varco per arrivare al “De Luca Ter” (sempre che il centrosinistra vinca le regionali campane). Il governatore in carica, con la modifica dello Statuto, sarebbe giuridicamente candidabile a consigliere regionale e poi (eventualmente) a Presidente, passando dal voto decisivo dell’assemblea.
L’altra opzione sul tavolo
De Luca è sicuro di avere i numeri (almeno 2/3) per modificare lo Statuto, magari grazie a un aiutino anche del centrodestra. Se l’opzione “ritorno all’elezione indiretta” dovesse naufragare, c’è un piano di recupero nell’agenda deluchiana: “giocare” sull’interpretazione giuridica della legge nazionale che sancisce il limite dei due mandati per i governatori. La Campania (come la Liguria e la Puglia), non avendo mai recepito la norma, potrebbe farlo nei prossimi mesi e, secondo alcuni esperti di diritto, il vincolo dei mandati scatterebbe solo dalla legislatura in corso. Dunque il secondo mandato cadrebbe solo nel prossimo quinquennio, il 2025-2030.