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Da simbolo del degrado a luogo di rilancio? Un piano tutto da realizzare
di Paolo Trapani
Riparte a Napoli il progetto di abbattimento delle Vele di Scampia. Al centro dell’ambizioso programma c’è la riqualificazione di un intero quartiere, che è divenuto tristemente famoso negli anni ’80 (occupazioni abusive dopo il terremoto) e negli anni ’90 (il supermarket della droga tra i più grandi d’Europa): sulla stessa zona, nei primi anni 2000, si accesero i riflettori dei mass media mondiali a causa di una faida di camorra con circa 100 omicidi.
Il nuovo e coraggioso percorso di riqualificazione e rilancio è denominato ‘Restart Scampia’ e la sua attuazione passa dall’abbattimento delle Vele e dalla ricostruzione dei nuovi alloggi per i residenti.
Inizio lavori a breve e 70 milioni dal Pnrr
Se il cronoprogramma verrà rispettato già a settembre inizieranno i lavori per la realizzazione di 50 alloggi temporanei, che sorgeranno sulle macerie della Vela A, l’ultima ad essere abbattuta, e qui saranno trasferiti temporaneamente gli abitanti degli altri edifici da demolire (le Vele C e D): in pratica serviranno come residenze momentanee tra demolizioni e nuove costruzioni. Poi saranno costruite 350 nuove case definitive.
Per attuare il progetto il Comune di Napoli è destinatario di risorse economiche per 70 milioni di euro nell’ambito del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza).
Storia di Scampia
La storia del quartiere è alquanto travagliata e drammatica: le Vele sono un complesso residenziale costruito tra gli anni ’60 e ’70 e nacquero in seguito alla legge 167 del 1962. Prendono il nome dalla loro forma che ricorda appunto quella di una vela: larga alla base con la costruzione che va restringendosi gradualmente verso i piani superiori.
Prima di queste costruzioni l’enorme area a nord del centro di Napoli era una vastissima campagna incolta (la “campia” a cui, dal napoletano antico, si aggiunse una “S” proprio per descrivere un “campo non coltivato” = ‘A scampia).
In pieno boom economico ed edilizio dell’Italia, negli anni ’60, si pensò di tirare su un nuovo e moderno quartiere che avrebbe dovuto rappresentare l’esempio positivo dello sviluppo urbanistico della città di Napoli ed, invece, si trasformò ben presto in un mostro di degrado, abbandono, incuria, simbolo di periferia malfamata, centrale di ogni tipo di traffico illecito.
Il progetto: dai vicoli del centro storico alle Vele
Il complesso delle Vele, nello specifico, fu pensato dall’architetto Francesco Di Salvo ed era composto all’inizio da sette edifici che si sviluppavano su un’area di 115 ettari; quattro delle sette Vele sono state demolite nel 1997, 2000, 2003 e 2020; delle tre rimaste, come detto, due saranno demolite mentre l’ultima verrà riqualificata.
L’architetto Di Salvo si era specializzato nella progettazione dell’edilizia economica e popolare quando, in collaborazione con altri architetti, aveva ideato il Rione Cesare Battisti a Poggioreale: era un quartiere nato con la visione di una «nuova maniera di pensare» la residenza sociale. Fu così che, anni dopo, la Cassa del Mezzogiorno affidò all’architetto Di Salvo l’incarico di realizzare a Scampìa un grande complesso residenziale.
Le Vele traevano ispirazione dall’Existenzminimum, una corrente architettonica per la quale l’unità abitativa del singolo nucleo familiare andava ridotta al minimo indispensabile. La sua realizzazione si concretizzava con una spesa costruttiva contenuta e con ampi spazi comuni dove la collettività si ritrovava ed integrava; di Salvo progettò le Vele pensando ai vicoli del centro storico di Napoli che, nelle sue intenzioni, sarebbero dovuti essere ricreati in un moderno condominio a reticolo.
L’area in cui le costruzioni sorsero ricadeva in due lotti contigui, separati da uno dei rami del reticolo viario (il territorio del quartiere fu diviso in vari lotti da edificare). Nel lotto M furono costruite quattro Vele, indicate alfabeticamente con le lettere A, B, C, D. Nel lotto L furono costruite le restanti tre, indicate dalle lettere F, G e H. Accanto alla classificazione alfabetica se ne aggiunse, alle vele rimaste in piedi dopo il 2003, una cromatica cosicché ogni Vela venne denominata da parte della popolazione del quartiere attraverso un colore: vela rossa, vela celeste, vela gialla, vela verde.
Il fallimento e la voglia di rinascita
Nel progetto originario erano previsti anche centri aggregativi e spazi sociali comuni, oltre ad aree gioco per i bambini e varie attrezzature collettive. Proprio la mancata realizzazione dei «nuclei di socializzazione» è stata tra le concause del clamoroso fallimento sociale delle Vele.
Da anni i residenti, riuniti nel Comitato Vele di Scampia 167, si battono per l’abbattimento delle costruzioni e la riqualificazione dell’area: adesso, a distanza di un quarto di secolo dall’azione della prima ruspa (nel 1997 il primo abbattimento), il programma ‘Restart Scampia’ è giunto allo snodo decisivo. E il sogno è veder nascere il nuovo quartiere per il vero rilancio sociale ed economico dell’area nord di Napoli.