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Una guerra invisibile, o meglio ignorata, così può essere definita quello che sta accadendo nel Nord-Est della Siria, il Rojava. Da Ottobre infatti lo Stato turco attacca deliberatamente i civili, colpendo obiettivi sensibili che perlopiù forniscono servizi ai cittadini, come le fonti d’acqua, di energia e petroliere, industrie alimentari, ambulatori medici, industrie, attività produttive come cementifici, tipografie e fabbriche di abbigliamento; attacchi che però a metà Gennaio sono peggiorati.
Dietro a questi attacchi c’è l’odio verso i kurdi
Queste aggressioni sono, secondo il Presidente Erdoğan e il suo partito, necessarie per contrastare cellule terroristiche affiliate al PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan) che minaccerebbero la sicurezza nazionale della Turchia e residenti nella regione siriana, per fare questo la Turchia si avvale del diritto all’autodifesa sancito dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, in questo caso privo di fondamento considerato che la regione del Nord-Est della Siria non ha attaccato la Turchia in alcun modo.
In realtà dietro questa offensiva si cela l’antico, e mai nascosto, odio di Erdogan verso il popolo kurdo. A proposito va precisato che per Erdoğan e il suo partito è sufficiente essere di etnia kurda per essere considerato un terrorista, tanto che in Turchia è vietato parlare in kurdo, definirsi come tali, e usare i nomi kurdi che appunto son stati tradotti in turco, per questo motivo tali azioni repressive più che una strategia di difesa da eventuali terroristi sembra più un accanimento ideologico manifestato con in ogni forma di violenza.
Anzi un dato certo è che da quando son partiti i bombardamenti nel Rojava si è registrato un aumento degli attacchi terroristi da parte di cellule dormienti dell’Isis (specialmente nel mese di Dicembre) a danni della popolazione kurda, in quanto per la popolazione e le autorità kurde risulta difficile contrastare l’insorgenza dei gruppi jihadisti nel mentre che la Turchia continua ad attaccarli, inoltre siccome vengono bombardate pure le carceri (ad esempio quella di Al-Sina’a di Hasaka) si rischia l’uscita di pericolosi terroristi; lo scenario dunque che si prospetta è particolarmente critico.
Villaggi e civili senza acqua né energia
Secondo il report Fresh Turkish airstrikes on North and East Syria target electricity, oil and other civilian infrastructure diffuso il 14 Gennaio da il Rojava Information Center, la Turchia, nell’arco di tre giorni ha preso di mira 30 località del Rojava.
Come si legge nel report: “Questa è la terza volta in tre mesi che la Turchia ha intrapreso una campagna di attacchi aerei contro le infrastrutture essenziali dell”Amministrazione Autonoma del Nord-Est della Siria. Questa ripetuta distruzione delle infrastrutture petrolifere ed elettriche fa temere un disastro umanitario in una regione che ospita milioni di persone che già soffrono di blackout elettrici, carenza di carburante e tagli idrici“.
Ad essere state colpite, si legge nel report, compaiono le stazioni di gas ed elettricità di Suwaydiyah, le stazioni petrolifere di Odeh, Zarba, Rimelan e Gir Dahol, e le stazioni elettriche di Qamishlo, Amuda, Kobane, Tirbespiye e AinIssa. In particolare l’attacco del 15 Gennaio alle centrali di Suwaydiyah, città che produce circa la metà dell’elettricità del cantone di Jazira, hanno causato l’interruzione dell’elettricità, non solo nelle abitazioni private, ma anche in ospedali, negozi, panifici, e, non meno importante, della stazione di pompaggio e raffinazione del petrolio di Jazira, unico impianto di imbottigliamento di gas nazionale dell’Amministrazione Autonoma del Nord-Est.
Se gli attacchi del 15 Gennaio si sono concentrati a colpire obiettivi strategici come centrali elettriche e petrolifere, l’offensiva del 14 Gennaio si è invece maggiormente concentrata a colpire tramite l’uso di droni obiettivi civili come villaggi, abitazioni private, mulini, negozi, depositi di grano, allevamenti provocando una scia di distruzione e morti innocenti in una terra già sofferente.
Il 18 Gennaio ANF News ha informato che: “Solo nella città di Tirbespiye e nei suoi dintorni, circa 120.000 persone sono rimaste senza elettricità e acqua. Mentre negli insediamenti più grandi, l’elettricità può essere fornita tramite generatori per almeno cinque ore al giorno, 182 villaggi sono completamente tagliati fuori dalla fornitura. Allo stesso tempo, le persone rischiano anche di rimanere senza gas in pieno inverno perché è stata colpita la centrale del gas di Tirbespiye, e si prevede che anche i generatori si guasteranno a breve a causa della mancanza di carburante; inoltre nel distretto di Tirbespiye, 14.700 studenti non sono in grado di frequentare le lezioni a causa degli attacchi”.
I numeri: in 3 giorni quindi sono stati lanciati 73 attacchi multipli contro obiettivi diversi, sono state bombardate 5 stazioni di benzina e 7 stazioni di energia, con 900 villaggi privi di elettricità che impedisce qualsiasi tipo di attività e di provvedere a una sussistenza base.
Il Rojava e le misure repressive di Erdoğan
Va ricordato che il territorio del Rojava viene da anni (con un escalation partita nel 2019) represso ed è bersaglio dicontinue aggressioni e raid aerei e con droni da parte del regime di Erdoğan; una terra che oltre subire un’offensiva alquanto potente dal punto di vista militaristico da parte della Turchia, sempre da quest’ultima, è costretta a soccombere a una serie di misure e provvedimenti economiche e sociali che impediscono al Rojava di autodeterminarsi e a risollevarsi dalla sua attuale precaria condizione.
Tra queste misure imposte dalla Turchia c’è l’embargo che blocca il commercio e l’entrata di macchinari e strumentazione tecnica, utile ad esempio nell’agricoltura e la produzione alimentare, e la costruzione di dighe transfrontaliere che, oltre che deteriorare il paesaggio e danneggiare la fauna e la flora autoctone, impediscono il rifornimento di acqua, provocando così un’emergenza sanitaria data dalla mancanza di acqua potabile.
Questi attacchi quindi, purtroppo e sebbene se ne parli e se ne scriva poco, non sono una novità per il Rojava e la sua popolazione (composta per la maggioranza da kurdi), ma è indubbio che in queste settimane l’azione offensiva della Turchia si sia fatta più aggressiva, e che questi bombardamenti verso punti nevralgici delle città facciano precipitare il Rojava in uno stato di crisi difficilmente recuperabile in quanto l’entità dei danni supera di gran lunga la capacità della regione di ripristinare i servizi essenziali per la popolazione.