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La nuova dottrina amplierebbe i fattori scatenanti del possibile uso di armi nucleari con un’ambiguità deliberata, che lascia aperta la porta a una risposta nucleare a qualsiasi attacco aereo.
Il nucleare in Ucraina ha una storia lunga e molto travagliata. A partire dal disastro di Chernobyl del 26 Aprile 1986, il più grave incidente atomico di sempre, che ha lasciato tutt’ora in eredità un’enorme zona di interdizione da 60 km di diametro.
Nonostante la tragedia, ancora nel 2021, l’energia nucleare soddisfaceva il 53% del fabbisogno energetico energetico del Paese. Sino a quando, il 4 Marzo 2022 la principale centrale, quella di Enerhodar, vicina a Zaporizhzhia è caduta in mano russa: era la più grande d’Europa e produceva da sola un quinto dell’energia dell’intera Ucraina, ma è ora disconnessa dalla rete nazionale.
Le centrali ucraine
A Kiev restano altre tre centrali, quelle di Rivne e Khmelentsky nel nord-ovest del Paese e più a sud quella di Pivdennoukrainsk nell’oblast di Mycolaiv. È a queste che, la scorsa settimana, Zelensky ha fatto riferimento nel suo discorso all’Assemblea Generale dell’Onu, quando ha detto che la Russia pianifica nuovi attacchi contro le centrali ucraine per scollegarle dalla corrente, dopo aver già distrutto la maggior parte del sistema energetico del Paese. L’altro paradosso del nucleare ucraino riguarda le testate atomiche che adesso Putin minaccia di lanciare, in ossequio alla nuova dottrina espressa al Consiglio di Sicurezza, il 26 Settembre. Il Capo del Cremlino l’ha esposta utilizzando una formulazione vaga che lascia ampio spazio all’interpretazione: Mosca potrebbe ricorrere alle armi nucleari in risposta a un attacco convenzionale che rappresenti una “minaccia critica alla nostra sovranità”.
Il portavoce del Presidente Dmitry Peskov ha subito fatto sapere che quando la revisione sarà pronta, verrà emesso un decreto presidenziale per approvarla.
La dottrina attuale prevede che possa usare il suo arsenale nucleare “in risposta all’uso di armi nucleari e di altri tipi di armi di distruzione di massa contro di essa e/o i suoi alleati, così come in caso di aggressione contro la Federazione Russa con l’uso di armi convenzionali, quando l’esistenza stessa dello Stato è in pericolo”. Inoltre, può attingere al suo arsenale atomico se riceve “informazioni affidabili sul lancio di missili balistici diretti verso il territorio della Russia o dei suoi alleati”.
Il Memorandum violato
La nuova dottrina amplierebbe in modo significativo i fattori scatenanti del possibile uso di armi nucleari rispetto alla versione attuale del documento con un’ambiguità deliberata, che lascia aperta la porta a una potenziale risposta nucleare a qualsiasi attacco aereo. Dal 1991, anno dell’indipendenza dall’Unione Sovietica, al 1994, l’Ucraina è stata la terza potenza nucleare del mondo, con oltre 1800 ordigni nucleari sparsi sul proprio territorio. Nel 1994 ha sottoscritto il memorandum di Budapest con Stati Uniti, Regno Unito e Russia che facevano da garanti.Si prevedeva la consegna a Mosca di tutte le testate nucleari in cambio dell’impegno al rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale del Paese. Memorandum già violato nel 2014 dalla Russia con l’annessione della Crimea e con la guerra in Donbass, poi definitivamente sepolto con l’invasione del 2022.
Adesso, con la minaccia di usare le armi nucleari, Putin beffardamente rischia di applicare un altro dei punti di quel memorandum: la Russia prometteva infatti di non usare armi nucleari contro l’Ucraina a meno che questa non li avesse attaccati alleandosi con uno Stato nucleare, cosa che tecnicamente Putin considera già avvenuta con l’incursione di Kursk e il sostegno di Stati Uniti e Regno Unito.