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14 Novembre 2025Sudan: la “crisi umanitaria più devastante al mondo” documentata dal cielo
La “crisi umanitaria e di sfollamento più devastante al mondo”:così le Nazioni Unite hanno definito ciò che tragicamente sta accadendo in Sudan.
Con oltre 30 milioni di persone che necessitano di assistenza urgente, 11 milioni di sfollati interni e circa 3 milioni diprofughi, quello del Sudan è probabilmente uno dei conflitti più atroci, inenarrabili e dimenticati del nostro tempo.
La triste conferma di quello che molti temevano arriva, principalmente, dalle immagini satellitari. Sono queste a mostrare l’impensabile: fosse comuni, villaggi rasi al suolo e città date al fuoco nel Darfur settentrionale.
Nessuno vede davvero cosa accade sul campo: da mesi l’accesso alla regione è vietato a giornalisti e osservatori internazionali, le comunicazioni sono interrotte e le organizzazioni umanitarie faticano a operare.


Ma quali sono le cause di questo conflitto?
Le radici del conflitto in Sudan sono molteplici, profonde e complesse. La debolezza istituzionale interna è sicuramente il fattore che maggiormente ha contribuito all’insorgere della crisi: il fallimento della transizione dopo la caduta del regime di Omar alBashir nel 2019 ha lasciato aperta la frattura tra l’esercito regolare Sudanese (Armed Forces, SAF) e la potente milizia RSF (Rapid Support Forces).
Nel 2023 la situazione è precipitata quando la milizia RSF si è rifiutata di integrarsi nelle forze armate statali aprendo di fatto la dolorosa via della guerra civile.
Alle cause strutturali e alla debolezza istituzionale, si aggiunge la corsa al controllo delle risorse naturali. Il Sudan, ricco di oro, terre e petrolio, rappresenta una delle aree geostrategicamente più rilevanti della regione, dove gli interessi economici di diversi attori si intrecciano e alimentano le tensioni interne.
Tra i principali attori esterni figurano gli Emirati Arabi Uniti che sostengono apertamente le RSF, l’Egitto vicino all’esercito regolare e potenze come Russia, Iran e Turchia che guardano aconsolidare le proprie posizioni strategiche nel Corno d’Africa e nel Mar Rosso.
Immagini satellitari: la prova dei massacri a El Fasher.
Come detto, sono proprio le immagini satellitari registrate e analizzate da enti come lo Yale Humanitarian Research Lab a raccontare la più grave escalation del conflitto sudanese dall’inizio della guerra civile.
Secondo Amnesty International e altre ONG, i fotogrammi rilevati dal cielo evidenziano il movimento notturno di convogli armati e aree dove fino a poco tempo fa sorgevano campi profughi, oggi bruciate.
Civili uccisi, interi quartieri cancellati e la fame che avanza in quella che è stata definita, ufficialmente, una delle peggiori carestie dell’epoca contemporanea.
Le RSF continuano a espandere il controllo sul terreno, imponendo blocchi e sequestrando gli aiuti umanitari. Secondo fonti delle Nazioni Unite, avrebbero messo in atto veri e propri massacri sistematici e preso di mira gli ospedali. “A El Fasher non esistono più vie di fuga, i civili sono accerchiati,” denunciaMédecins Sans Frontières.
Così, l’unico sguardo ancora possibile su questa tragedia arriva dai satelliti che, pur documentando il massacro in modo inequivocabile, non sembrano bastare a provocare conseguenze politiche immediate da parte della comunità internazionale.
L’ONU convoca una riunione straordinaria per il 14 novembre
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, proprio grazie a queste immagini satellitari, ha convocato per questo venerdì 14 novembre una riunione straordinaria sulla crisi sudanese. L’obiettivo dichiarato è quello di discutere la creazione di corridoi umanitari e avviare una missione di osservatori civiliper testimoniare meglio quello che sta accadendo e raccogliere prove sul campo.
Tuttavia, le divisioni tra i membri permanenti lasciano poche speranze di una risposta efficace. È proprio questo il limite strutturale che da anni caratterizza l’ONU limitandone, di molto, l’efficienza. La sua struttura semplice, ma ormai obsoleta, riflette ancora quegli equilibri di potere creatisi immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale e consentendo, a ognuno dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, di bloccare qualsiasi decisione con il diritto di veto.
Dal 2023, le risoluzioni adottate dalle Nazioni Unite sono rimaste in gran parte sulla carta: l’embargo sulle armi non è stato esteso e le sanzioni mirate contro le RSF non ne hanno limitato la capacità offensiva.
L’indifferenza internazionale
L’inerzia diplomatica e l’indifferenza mediatica che accompagnano questa crisi sono forse uno degli aspetti più dolorosi.
Stati Uniti e Unione Europea sono concentrati su altre priorità strategiche come la crisi in Ucraina e quella mediorientale mentrepotenze come Russia e Cina usano il Sudan come leva strategica per i propri interessi nella regione.
Intanto, nelle periferie di El Fasher, migliaia di famiglie si muovono a piedi verso ovest in cerca di rifugio e cibo, mentrel’emergenza umanitaria peggiora ora dopo ora.
La speranza è che la riunione di venerdì delle Nazioni Unite porti a qualcosa di concreto e che si alzi sempre più l’attenzione internazionale su quella che è la peggiore crisi umanitaria al mondo documentata dai cieli ma ignorata sulla terra.






